In alcuni casi la ricezione di un bonifico può essere controproducente: in base alla causale e all’ammontare che ci viene caricato sul conto in banca il Fisco potrebbe insospettirsi.
La ricezione di pagamenti tramite bonifico bancario avviene quasi esclusivamente per compensi di tipo lavorativo, ovvero come compensazione per il lavoro o il servizio fornito. Tuttavia sempre più spesso si effettuano dei bonifici anche per altre motivazioni, dato che la maggior parte dei nostri risparmi vengono ormai canalizzati sul conto corrente, o su una carta di debito che possiede un iban (come ad esempio PostePay), e per comodità e rapidità si procede al bonifico anche nel caso in cui si debba dividere un conto, suddividere una spesa o semplicemente si voglia fare un regalo ad un amico.

Il fatto che esista ormai la possibilità di effettuare bonifici istantanei e che questi abbiano lo stesso costo di quelli tradizionali, ha abbattuto l’ultima barriera sull’utilizzo dei bonifici per i pagamenti di poco conto, aumentando di fatto le casistiche in cui si fanno questi piccoli spostamenti di denaro. Chiaramente simili transazioni vanno giustificate con la corretta causale ed in ogni caso difficilmente possono insospettire il fisco se sono di basso importo e soprattutto non ricorrenti.
Quando il Fisco può sospettare transazioni illecite e far partire un accertamento
Va considerato anche che per simili spostamenti di denaro il bonifico rimane una soluzione emergenziale, in quanto espone spesso al pagamento di una tariffa di servizio sconveniente (si paga da 1 a 3 euro per la singola transazione in base all’istituto bancario e al tipo di conto), motivo per cui tantissime persone stanno utilizzando per simili transazioni strumenti esterni ai conti in banca come PayPal (o Revolut), o interni al servizio stesso nel caso in cui il ricevente faccia parte dello stesso istituto bancario. Chiarito che questi spostamenti non insospettiscono il Fisco, cerchiamo di capire quando siamo a rischio accertamento.

Generalmente i bonifici ricevuti hanno tutti una causale ben definita che esplicita la ragione del pagamento. Lo stesso dicasi per quelli effettuati, nei quali si cerca di indicare la ragione del pagamento per permettere di giustificare il perché di quella transazione. Proprio la causale è un elemento fondamentale per evitare problematiche, poiché se il Fisco dovesse notare motivazioni poco chiare su cifre rilevanti, potrebbe decidere di avviare un accertamento volto a scoprire se la transazione in realtà non è stata fatta per celare un pagamento tassabile.
Tale rischio si verifica in particolar modo quando si riceve una donazione o un regalo da parte di amici e familiari magari per un compleanno, un matrimonio o semplicemente perché il donatore ha deciso di concederci quella somma. Trattandosi spesso di cifre importanti, può capitare che il Fisco voglia indagare e capire se non ci sia illecito.

Le donazioni infatti sono esentasse e non si vanno a sommare al guadagno annuo. Tuttavia quando il Fisco ritiene che ci possa essere illecito parte dalla presunzione che le cifre in questione siano tassabili, ovvero compenso di una prestazione lavorativa, e spetta al cittadino dimostrare che non è così.
Lo stesso vale anche quando si chiede ad un parente o un amico un prestito, si tratta di una cifra non tassabile, ma in assenza di un documento scritto o di una prova chiara che quel denaro è effettivamente una donazione o un prestito si rischia di dover pagare le tasse su un qualcosa che non è previsto per legge. L’unico modo per tutelarsi da una simile evenienza è quello di farsi furbo e stendere un documento che possa provare che la somma di denaro ricevuta è frutto di una donazione o di un prestito.