Dai finti sold-out ai veri burn-out: cosa sta succedendo agli artisti e ai loro concerti

Zampaglione rompe il silenzio su un sistema che trucca i numeri, svuota i palazzetti e spreme gli artisti. Non è più musica, è solo marketing con l’anima stanca

Concerto Coldplay
Dai finti sold-out ai veri burn-out: cosa sta succedendo agli artisti e ai loro concerti (AnsaFoto) – retisocialinaturali.it

Federico Zampaglione ha acceso la miccia ma in realtà, a quanto pare, la bomba era già pronta a scoppiare da qualche tempo. In questi giorni nel mondo della musica si parla molto di questa storia dei finti sold-out, un fenomeno che sta iniziando a fagocitare anche gli artisti, sempre più in difficoltà, alcuni completamente succubi del sistema.

Come sempre è il sistema che non funziona a monte e poi, a valle, ricade su chi ne usufruisce. In questo caso chi sta perdendo la partita sono i musicisti, soprattutto quelli emergenti, e lo ha spiegato bene Zampaglione nel suo post lucido e disilluso.

I biglietti venduti a un euro per riempire i palazzetti vuoti, i giovani artisti mandati allo sbaraglio mentre l’industria va alla deriva. Un gioco truccato con un mazzo di carte immaginario fatto di bugie e omissioni.

Ma come funziona questo sistema dei sold-out farlocchi? Tutta questione di immagine: si fissa la data di un concerto e a un certo punto, quando le vendite rallentano, si chiudono alcune aree e si destinano i biglietti ad una vendita separata, a prezzi stracciati o addirittura in omaggio tramite sponsor o gruppi aziendali.

Non conta più guadagnare, conta riempire il palazzetto o lo stadio che sia. In pratica non conta più la sostanza, conta soltanto l’apparenza.

Una sala vuota fa danni all’immagine dell’artista: un cantante che fa sold-out si vende meglio agli sponsor e ai media. E qui subentra il sistema malato, che sta mettendo in ginocchio gli artisti. Le grandi agenzie versano anticipi altissimi agli artisti, che vanno ripagati con la vendita dei biglietti. Ma i costi – tra affitti, produzione, staff, sicurezza – sono fissi. E quando le vendite non coprono, l’unico modo per contenere i danni è mantenere l’immagine: fare in modo che lo show appaia un successo. Anche se non lo è.

Il sistema dei finti sold-out e il rischio concreto per gli artisti

Il critico Paolo Talanca ha spiegato bene quale sia il meccanismo malato che c’è dietro questo sistema balordo e lo ha fatto con una sola frase: “Non è più necessario che tu abbia un repertorio, basta che tu abbia l’hype”. In sostanza non è importante che il progetto funzioni, è importante dire che funziona e poterlo dimostrare.

persone ad un concerto
Il sistema dei finti sold-out e il rischio concreto per gli artisti (AnsaFoto) – retisocialinaturali.it

Ormai gli artisti non vengono più scelti sulla loro produzione ma su quanti follower hanno, quanti dati (ascolti, streaming, biglietti) produci. E non importa quanto quei dati siano gonfiati.

Tutti provano a fare l’evento epico, tutti provano a riempire San Siro. I concerti a volte non sono più neanche dal vivo ma dei playback ben acchittati. E chi ha esperienza, chi ha una struttura, magari regge pure, ma ci sono alcuni ragazzi che stanno flippando, che non ce la fanno più, che si sentono in un frullatore e senza nessuna rete di protezione.

Il rischio è concreto e travolge anche i più famosi. Sangiovanni, Blanco, buon’ultima Angelina Mango. Vincono anche Sanremo, diventano delle piccole star, ma poi non riescono a tenere il ritmo della pressione tossica che li avvolge e li travolge e scoppiano. Esaurimento, crisi d’identità, abbandoni. In una sola parola: burn-out. Succede anche a chi fa un successo travolgente, figuriamoci ai più piccoli.

Intanto, i piccoli club chiudono, le realtà indipendenti si svuotano, il pubblico perde fiducia. Se tutti fanno sold-out, nessuno lo fa davvero. Forse è arrivato il momento di tornare coi piedi per terra. Di riscoprire il valore di una sala mezza piena, ma sincera. Di fare un passo indietro, per farne uno vero in avanti.

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