Batterio killer negli ospedali, a rischio soprattutto le terapie intensive

Un batterio invisibile ai più, continua a minacciare reparti delicatissimi come le terapie intensive neonatali, due neonati sono morti recentemente.

Un ospedale dovrebbe essere sinonimo di protezione. Le corsie bianche, i monitor che scandiscono i battiti, il personale che corre contro il tempo: tutto parla di vita da difendere. Eppure, in quelle stesse stanze, può annidarsi un pericolo invisibile. Non ha volto, non fa rumore, ma quando colpisce lascia segni profondi.

Serratia marcescens
Batterio killer negli ospedali, a rischio soprattutto le terapie intensive – retisocialinaturali.it

A Bolzano, nel reparto di terapia intensiva neonatale, due famiglie hanno visto infrangersi il sogno più fragile: quello della sopravvivenza dei loro bambini. Una tragedia che riporta in prima pagina un nome difficile da dimenticare: Serratia marcescens.

Non un virus nuovo, non un “mostro” sconosciuto, ma un vecchio nemico della medicina che, di tanto in tanto, torna a reclamare attenzione. La sensazione, di fronte a episodi come questo, è che il confine tra sicurezza e rischio sia sottilissimo. Perché se le cure oggi hanno raggiunto traguardi straordinari, esiste sempre un margine di vulnerabilità. Ed è proprio lì che la Serratia trova spazio per insinuarsi.

Serratia marcescens: il batterio dal colore rosso che sfrutta le fragilità

Chi lo osserva al microscopio lo riconosce per una caratteristica insolita: può tingere di rosso le superfici che colonizza. Eppure non c’è nulla di pittoresco in questo batterio. La Serratia marcescens è ormai classificata come una delle infezioni ospedaliere più temute, perché riesce a trasformarsi da ospite apparentemente innocuo in un killer silenzioso.

Provetta con batterio
Serratia marcescens: il batterio dal colore rosso che sfrutta le fragilità- retisocialinaturali.it

Il suo “modus operandi” è chiaro: colpisce chi non ha le difese necessarie per reagire. Pazienti sottoposti a ventilazione, persone in terapia intensiva, ma soprattutto i neonati prematuri, che arrivano alla vita con un corpo ancora troppo immaturo. In questi piccoli la Serratia può provocare polmoniti, meningiti, sepsi. Infezioni che avanzano rapidamente e che, nei casi peggiori, non lasciano scampo.

La sua forza non sta solo nella capacità di provocare malattie, ma anche nella resistenza. Sempre più spesso, infatti, i ceppi che si diffondono negli ospedali si dimostrano impermeabili agli antibiotici, rendendo le cure un percorso a ostacoli. Non basta un farmaco: servono combinazioni, strategie, e a volte nemmeno quelle sono sufficienti.

Il contesto delle terapie intensive neonatali resta il più vulnerabile. Qui basta un dettaglio trascurato, un lavaggio delle mani non accurato, uno strumento non perfettamente sterile, per aprire la strada a un contagio. E quando il batterio entra, è difficile fermarlo: si diffonde tra incubatrici e tubicini, passando di paziente in paziente come un ospite invisibile.

Gli esperti insistono su un punto: le misure di prevenzione sono tutto. L’igiene rigorosa, l’isolamento dei casi, la formazione costante del personale. Piccoli gesti quotidiani che, però, decidono la differenza tra un ambiente sicuro e un focolaio difficile da contenere.

Il caso di Bolzano è un campanello d’allarme. Non un’eccezione, ma un richiamo a non abbassare mai la guardia. Perché la Serratia marcescens non scompare, rimane in agguato. E quando trova terreno fertile, torna a ricordarci che la battaglia per la salute non si combatte solo con farmaci e macchinari, ma anche con attenzione, scrupolo e disciplina.

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